Con What’s wrong with my villa? continua in qualche modo il racconto di Marco Polo a Kublai Kan nel solco del progetto dedicato a Italo Calvino. La città e il territorio che Girardini sviluppa con sguardo documentaristico attraverso i diversi scatti non è però frutto di un immaginario fantastico, ma è tratto dalla realtà di un territorio: quello vicentino e veneto. Tante palazzine residenziali, singole abitazioni private e piccoli centri commerciali derivano ancora oggi le loro forme e soluzioni dall’architettura di villa, prototipo che Girardini rende evidente con la presenza in sala dell’immagine della villa di Paolo Almerico – la Rotonda – di Andrea Palladio. Lo sguardo disincantato degli scatti in mostra suggerisce anche memorie, desideri, percorsi e destini racchiusi nelle forme degli edifici in un mondo in cui però le criticità dell’impatto ambientale contemporaneo richiedano all’architettura nuove soluzioni e risposte.
“Luca Girardini è fotografo tanto quanto architetto non solo perché il suo percorso inizia da quest’ambito con la prima attività volta al recupero di edifici antichi, quanto per l’attenzione che attraverso il mezzo fotografico riserva al paesaggio urbano e all’architettura punto fisso del proprio lavoro e della propria ricerca. L’attenzione particolare al costruito lo ha condotto via via ad allargare i propri confini che oggi comprendono non solo il territorio della provincia berica ma anche il nord Italia, la Spagna e Berlino.
“What’s wrong with my villa?” è un progetto inedito, un interrogativo aperto mosso dallo spirito d’osservazione di chi viaggia e conosce realtà differenti da quelle delle proprie origini. Gli scatti di piccole ville, edifici residenziali e centri commerciali – tutti accomunati dalle infinite variazioni di schema simmetrico, timpano e da un più o meno vago colonnato – sono riproposti accanto all’originale palladiano da cui derivano. Lo scollamento tra la soluzione formale e le opportunità-finalità offerte dal costruire sono tanto evidenti e profonde da risuonare con diverse sfumature: espressione svuotata di senso, al limite del tragicomico, ma anche legame inevitabile e inestricabile ad un modello, espressione d’appartenenza, familiare rassicurazione a quello che è il proprio paesaggio visivo.”
Angela Stefani | art curator
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